La scuola in stato d’emergenza
Le straordinarie, diciamo pure senza precedenti, misure adottate dal governo durante il corso dell’ultimo anno hanno sconvolto e messo a dura prova ogni singolo settore della società, la scuola non ha fatto eccezione.
Prolungate chiusure degli istituti, rientri a singhiozzo, didattica online, hanno colpito e messo a dura prova l’intero sistema educativo. A questo punto si può certamente affermare che lo svolgimento dell’anno scolastico è stato irrimediabilmente compromesso nella pratica fattuale e nel grado di apprendimento.
La reazione del ministero dell’istruzione dinnanzi allo stato di emergenza si è tradotta, com’era prevedibile, nel trasferimento della didattica online.
Così come si è fatto per il lavoro, divenuto “smart working” (da casa, a distanza), anche l’apprendimento scolastico è divenuto qualcosa che – sempre mutuando l’inglese – potremmo definire “smart learning”. A questo punto dello svolgimento siamo tutti – insegnanti; alunni; genitori e parenti vari – avvezzi a termini quali DaD (didattica a distanza); DDi (didattica digitale integrata); webinar (seminari via internet); e così via…
Il personale docente di ogni istituto ha reagito imparando ad usare a fini scolastici Skype, Whatsapp, Zoom e piattaforme come come Google Suite for Education, Moodle, We-School, Edmodo o Microsoft Office 365 Education, facendo del suo meglio per arginare quella che si configura come una epocale rottura fra il luogo fisico rappresentato dall’aula e l’insegnamento.
Nonostante la necessità, rimangono comunque molti i docenti ancora professionalmente impreparati alla DaD. Le indagini rivelano che gli insegnanti maneggiano tecnologie digitali quotidianamente ma spesso a scopo di ricerca di contenuti, consultazione fonti, powerpoint o per il registro elettronico, ma molto meno per progetti didattici da remoto.
Questo fatto, al contrario di ciò che si può supporre, non ha a che vedere con l’età anagrafica dei singoli. Indagini condotte da associazioni per l’educazione e l’informatizzazione rivelano che anche un uso massiccio di dispositivi digitali non garantisce lo svilupparsi di una vera competenza digitale. In sostanza, essere nati e cresciuti in un mondo digitalizzato non costituisce necessariamente un vantaggio. In questo, quindi, studenti e docenti si possono considerare alla stessa stregua e il futuro solamente ci potrà dare la misura dell’importanza di quanto fatto finora e del vero valore dell’insegnamento online con la didattica a distanza.
Siamo ancora lungi, al momento attuale, dal poter vegliare i risultati di questo considerevole sforzo.
Sappiamo per esperienza che vacanze e lunghi periodi di stacco coincidono sempre con il calo dell’apprendimento, pertanto il rischio che si corre con questo nuovo tipo di didattica a singhiozzo è considerevole. Consolidare quanto fatto finora dovrebbe essere un obiettivo primario, innanzitutto per gli insegnanti ma, per ora, il completamento dei programmi di studio del corrente anno sembra essere la primaria preoccupazione di scuole e ministero. Un altro punto da considerare è quello di non lasciare indietro gli studenti più svantaggiati.
Uno svantaggio che può anche essere strettamente tecnico, per capirci, la disponibilità di una connessione di qualità, ad esempio, può creare disuguaglianze e trattamenti diversi tra i discenti. Non sempre le reti casalinghe possono contare sulla banda larga, spesso sono appena sufficienti per la lezione diretta col docente. Queste discrepanze trovano, come si può ben immaginare, molteplici spiegazioni se si consultano le statistiche Istat: divergenze culturali (internet è più presente nelle famiglie di laureati); geografiche (sacche di esclusione al meridione); socio-economiche; di composizione del nucleo familiare (dove sono presenti minori è spesso presente anche connessione internet); etc…
Determinanti poi sembrano essere l’occupazione dei genitori, il titolo di studio e la presenza di libri, la facilità di accesso ad una consultazione anche cartacea.